24 dicembre 2008

Caro Baffo Natale

Caro Baffo Natale,

anzitutto tengo a precisare che non ho assolutamente sbagliato il tuo nome...e non è nemmeno una mia invenzione.

Come puoi ben vedere quest'anno ho avuto il pensiero carino di inviarti un biglietto d'auguri colorato e per niente banale, non una noiosissima lettera bianca con l'elenco dei regali richiesti. Per quest'anno chiedo pace (perché quella la chiedono tutti, Aung San Suu Kyie, Zichichi e Rubicondi compresi), fortuna e il libro "Come utilizzare Tagliò" di Veronika per il buon Zeroshin: sai è in crisi, non sa come utilizzare un tagliapizza.

A me non serve niente. Giuro, niente...anzi GNENTE! A me hanno regalato la mia parte migliore, la cosa ridicola è che nemmeno sapevo che esistesse fino a cinque mesi fa: a lei ho fatto un regalo, una chitarra, spero tanto le sia piaciuta. Il mio desiderio è che possa tenere lo strumento sulle sue gambe, così come io ho tenuto lei questo pomeriggio (rischiando per giunta una cancrena).

Quando più tardi passi di qui e noti un vecchio cortile simile a Woodstock e ad un presepe contemporaneamente, tira dritto ma butta un sorriso quaggiù, al secondo piano: cercherò di farcelo stare sotto l'albero.

Con i migliori auguri
Blasphizio (anche questo non è un errore casuale)

P.S. Ah già, se ti avanzano un paio di baffi...

15 dicembre 2008

La sparachiodi

Sono sempre stato il profeta di "una cosa per volta", vagavo per la pianura padana predicando pace e sequenzialità eterna: poi però mi accorsi che era un'impresa impossibile. Se pianti un chiodo, tanto per fare un'esempio, stai pensando a coordinare il tuo braccio mentre lo sguardo è già fisso, ancor prima che lo sia quel sottile e appuntito pezzo di ferro; la prima volta che lo fai nella tua vita, pensi alla borsa del ghiaccio e a quanto sei stato scemo a nasconderla così bene.

Un particolare tipo di chiodo in uso nel secolo scorso, era usato per fissare i piccoli specchi in vetro, alla propria cornice in legno; erano privi di testa e schiacciati ad entrambe le estremità. (Wikipedia)

Regalai tutti i miei chiodi ad un terrorista palestinese, li piantò uno ad uno nel muro che lo separa da Israele. Mi rimase la pinza, quella con i manici bianchi e rossi, la usai per togliere i petali alle margherite. M'ama, non m'ama. M'ama!

Il giorno dopo mi svegliai su un tavolo operatorio, con tutti quegli affari adesivi appiccicati sulla fronte, forse servivano a trasferire le mie emozioni: dal vetro vidi mia sorella, nessun'altro le stava vicino.

E poi c'è l'arte del sesso, farlo è come ficcare un chiodo di cinque centimetri in un'asse di legno con soli tre colpi: ci vuole concentrazione, destrezza e sicurezza per fare un buon lavoro.

Tra i compagni della stanza 234 c'è il finto ufficiale sanitario che telefona alle quattordicenni interrogandole sulle condizioni delle loro vagine. C'è la ragazza pompon che si fa fare la lavanda gastrica e le trovano dentro quasi mezzo litro di sperma. Si chiama LouAnn. Il ragazzo che al cinema infila il cazzo nel buco ritagliato sul fondo di un secchio da popcorn, ecco, lui per gli amici è Steve, e stasera il suo bel culone è strizzato in una sedia di plastica da bambini davanti a un tavolo macchiato di colori a tempera nell'aula di catechismo. Tutte queste persone che per voi sono solo una barzelletta. Bravi, ridete. Ridete finché non vi scoppia il culo. (Soffocare di Chuck Palahniuk)

La sparachiodi è uno strumento molto utile, ma altrettanto pericoloso: in America, molte persone si sono travestite da Frankenstein scivolando per le scale con in mano quell'aggeggio carico. Io no, ho sempre preferito usare il martello, l'energia deve trasferirsi dal mio braccio alla superficie trafitta, foss'anche il mio cervello.

Quei tuoi chiodi però sono così dolci da sentire nelle mie tempie, usa quanto vuoi quella sparachiodi. Tieniti lontano però dai miei gioielli di famiglia con quell'utensile!