26 febbraio 2007

Disco labirinto

La sensazione di eccitazione era abbastanza forte: ne era passato di tempo e l'attesa, si sa, non fa altro che aumentare il desiderio. Detta così, sembra che non facevo quella cosa lì da un po' di tempo (si, proprio quella); in realtà, caro lettore maliziosetto, mi sto riferendo a qualcos'altro.

Ero un po' a pezzi, la stanchezza che mi aveva preso a metà pomeriggio non mi ha mollato fino alla doccia fatta prima di uscir di casa; caffè al solito bar e poi mi sono immerso insieme agli altri in quella bolgia. E' rincuorante accorgersi che ogni volta, anche a distanza di tempo, sia tutto uguale: uguale la musica, uguale la gente (cambiano gli attori ma le parti sono sempre le stesse), uguale le modalità di sviluppo della serata; ad un certo punto però, forse complice la musica pum-pum che arriva puntuale intorno all'una e mezza o l'ennesimo colpo di sonno, tutto ha cambiato volto: il mio cervello ha completamente isolato alcuni aspetti.

Mi trovavo in un luogo molto affollato dove la sola musica è il silenzio e le luci non erano colorate perché le immagini che vedevo erano in bianco e nero.

Un po' come recita la canzone dei Subsonica, c'era una discoteca bianca senza luci colorate grande un centinaio di chilometri dalla quale non è possibile uscire. Casualità volle che in quel momento ero solo perché i miei amici (single e non) si erano dispersi nelle due sale, ho rivissuto sensazioni già provate in passato, quando affrontavo per la prima volta certi ambiti ludici.
Fatto sta che per tutto il resto della serata m'ha preso quella non-voglia difficile da scacciare. Poi quando ad un certo punto, un losco (ma carino) figuro mi si è avvicinato in un modo assolutamente insolito, io ho continuato a vedere tutto in bianco e nero. Pure lui.

Ecco che stamattina, ricordandomi tutto, m'è ritornata in mente la malinconia latente dei momenti più felici di cui parla questa vecchia canzone...

Il fetido cortile ricomincia a miagolare
L’umore quello tipico del sabato invernale
La radio mi pugnala con il festival dei fiori
Un’angelo al citofono mi dice vieni fuori

Giù in strada per fortuna sono ancora tutti vivi
L’oroscopo pronostica sviluppi decisivi
Guidiamo allegramente è quasi l’ora delle streghe
C’è un’aria formidabile le stelle sono accese

[...]

Così ci avventuriamo nella Roma felliniana
Equilibristi in bilico sul fine settimana
E sulle immagini di sempre nei discorsi e nei pensieri
Dilaga anacronistica la musica di ieri

Malinconia latente nei momenti più felici
Abissi imperscrutabili le donne degli amici
E questa storia imprevedibile d’amore e dinamite
Mi rende tollerabile perfino la gastrite

Sergio Caputo > Un Sabato Italiano (1983) > Un Sabato Italiano

24 febbraio 2007

L'endecasillabo della politica

Tanto per annoiare, mi trovo nuovamente obbligato a dire che ieri sera ho seguito le Invasioni Barbariche (...e sai che novità).
La prima intervista, quella a Nichi Vendola, mi ha colpito molto. Ammetto che questa persona mi ha sempre colpito, ancor di più nelle vesti da politico, meglio ancora se poeta.

La politica ha bisogno di un contatto con la vita

Lì per lì sembra una banalità, demagogia allo stato puro, cavallo di battaglia di un qualsiasi berlu-populista: solitamente però si sente parlare della gente, e non della vita; trovo veramente geniale questa sottile differenza.

Trovo Nichi Vendola un uomo antistorico catapultato nel mondo moderno, che risulta l'anello di congiunzione tra il Festival di Sanremo e i rigassificatori; un uomo che rende poetica la politica, capace di dare nuovamente dignità ad una passione prestata a professione che ormai a poco a che fare con il pragmatismo.
Vedere un uomo che riesce a sciorinare un fiume di parole sulla pace così come per le lucertole mi affascina; mi affascina ancor di più vederlo convinto della propria fede religiosa e soprattutto dell'amore per la madre. Mettere a nudo le proprie paure passate e presenti lo rende a mio parere un politico sopraffino.

In questi giorni la politica ha offerto e continua ad offrire spettacoli indecorosi: se mi riduco io stesso a dirlo, vuol dire che si sta veramente toccando il fondo. Questa intervista mi fornisce ancora una speranza: la speranza di un'altra politica, che ha radici nel passato ma proiettata al futuro.

19 febbraio 2007

Macedonia

Rieccomi. Un po' assonnato, ma ricco di spunti per questo post, emozionalmente parlando a metà tra la fiducia e il torpore. Andiamo per ordine.

Venerdì sera ho avuto la riprova che L. sia un ottimo ragazzo, una persona con cui è sempre gradevole chiacchierare e, perché no, fare le sceme. E' veramente sorprendente quanto io sia bravo a trovarmi degli amici con cui ho un feeling strepitoso: visto il periodo di vacche magre, ecco nascere il pensiero demente "ma potrei mai farci una partita a scacchi su una spiaggia assolata"? Poi mi rendo conto che qui il mare non c'è e la provocazione svanisce anche con la consapevolezza di non avere le basi per poter fare una partita a scacchi: non c'è pericolo, non provo attrazione fisica per lui.

Ieri è stato il giorno degli eccessi. Sonno eccessivo, visione eccessivamente incentivante, eccessiva legnosità. Sono convinto che il mio sonno non è dovuto all'uscita serale di sabato all'Elephant, bensì ad una mancanza di certi stimoli; stimoli risvegliati il pomeriggio seguente da Alessandro: non è solo una questione fisica, che quel bel nuotatore sia attraente è assodato da tempo e ne avevo già parlato, ma sono convinto che sia una persona veramente interessante.
La soddisfazione è completamente svanita in serata: ho incontrato un ragazzo grazie al passaparola, e posso dire che il leit motiv della serata è stato: giochiamo a chi è più scontato e banale? Mi sono bastati tre minuti tre per sgonfiarmi del tutto, non per colpa sua, per carità ognuno è fatto a suo modo e F. è un bravo ragazzo, ma trovare qualcuno che possa intavolare discorsi un po' più stimolanti è assai difficile. Risultato: il sonno m'è tornato e credo di essere stato un po' cafone per averlo riportato a casa anzitempo (23.20 è troppo presto per una domenica sera?). Consoliamoci oggi con la registrazione di Amici, così almeno posso veramente toccare il fondo con la consapevolezza che Santo non è più tra i partecipanti da lungo tempo.

Santo, dove sei?

13 febbraio 2007

Desperate...

Dunque facciamo il punto:
1) Il ritorno al lavoro è stato traumatico, avessi un attimo di respiro
2) La salute è ancora traballante
3) La sorellona domenica mi ha assillato ben bene
4) Avete presente l'albume montato a neve? ecco...quello è il mio stress
5) Non ho tempo per respirare, nemmeno per scrivere quattro righe sul mio blog

Giusto una settimana fa una persona mi ha fatto gentilmente notare che ero arrabbiato. Moooolto arrabbiato. E' grave secondo voi quando sei arrabbiato e nemmeno te ne accorgi? Pensandoci è veramente un bene che abiti da solo, altrimenti avrei già scelto un capro espiatorio (e anche una capra, come diceva la Valeria Marini guzzantiana). In questo periodo mi sento un po' Bree Van De Kamp di Desperate Housewives...da ricovero.

Io me la magnerei quella mela!

Fonte foto: www.linternaute.com

06 febbraio 2007

La lontananza

In questa settimana di lontananza (o quasi) dal mondo intero a causa dell'influenza, ho avuto ovviamente molto tempo per leggere, ascoltare, guardare, dormire, star male, tossire e starnutire. Anzichè fare un post per ogni giorno, ho deciso di fare un mega post contenente delle mini-riflessioni quotidiane.

Giovedì 25/01
Una notizia buona e una cattiva: niente Helicobatter pilori nel mio stomaco, c'è invece uno stato influenzale sempre più dilagante. Al calar delle tenebre, la mia febbre sale. Stress?

Venerdì 26/01
Il quinto giorno, domenica, si mise a piovere forte. Mi piace quando piove forte. E' come essere avvolti da un rumore indistinto, continuo, che mi ricorda il silenzio ma non è vuoto come il silenzio.

Sabato 27/01
Mi arriva un sms: se fossi stato in salute, avrei avuto la possibilità di conoscere un amico di un amico che diverso tempo fa mi aveva "incuriosito". Siccome sono una persona molto curiosa, questa notizia mi ha un po' smontato.
Poi ho letto un articolo di Umberto Galimberti.

Acceso o spento che sia, il telefonino non dà scampo. [...] Non abbiamo più tempo per pensare le nostre risposte perché dobbiamo darle subito e di corsa, per iscritto o a voce. Non abbiamo più la possibilità di interiorizzare i nostri amori perché, se non chiamano o non rispondono, è già subito abbandono. Non sappiamo più stare presso di noi neppure per brevi attimi, e così la nostra interiorità si impoverisce.

Ho pensato alla mia giornata senza il cellulare e, in particolare, senza quel messaggio. Non sono poi così povero ora.

Domenica 28/01
Messaggio divino? Il mio cellulare cade dritto dritto nella tazza. Del cesso.

Martedì 30/01
Mal di testa. Mal di testa! Buon segno...sto tornando sano.

Giovedì 01/02
Giornata radiofonica. 25 anni di Deejay...e musica del 1982. Accompagna la mia ennesima giornata di riposo. Auguri Deejay.

Venerdì 02/02
Fare il casalingo non fa per me, o meglio fare una vita completamente casalinga. Adoro la mia solitudine tra coperta e ciabatte, ma dopo una settimana di completo isolamento ho una voglia tale di uscire da queste mura dalle tinte brillanti. E mi vedo pure trasandato davanti allo specchio.

05 febbraio 2007

Ecciù

Salute! Grazie.