25 novembre 2008

Non lo so fare, ma ci provo (Yes, we can)

Sarebbe come se ad un tratto ieri sera, nel bel mezzo del concerto dei Subsonica a Milano, io prendessi la chitarra di Max Casacci e cominciassi a intonare gli accordi di "nei nostri luoghi". Un disastro.
Eppure qualcosa di significativo ieri sera l'avrò fatto: ho spinto qualcuno lontano in mezzo a quella gente schiacciata da otto ohm, delirio e passione. Ho premuto contro di me delle ali, già perché gli angeli sono pure in terra. Ho scordato di non avere un cane a casa che mi stesse aspettando, dimenticando l'onere di riempire una ciotola. Mi sono lamentato delle mie felpe con la zip, sempre troppo poche e mai soddisfacenti.
Prima di saltare in auto però ho pensato di scrivere questa cosa

حب

Potrei aver scritto una bestemmia su Maometto, attirandomi le ire di milioni di islamici. Oppure avrei scritto semplicemente il nome di una città come

Crescenzago

Ma che importa: non è nemmeno una città, tzé. Oppure potrei aver scritto

Boosta sei figo

Oppure

Pile stilo AA

(Nota supermercato: comprare delle pile stilo)

Nemmeno quei poveretti che non hanno installato i caratteri arabi potranno darmi una risposta, al posto di quella scritta (in)decifrabile compariranno tanti bei quadretti.
E' la prima volta che mi cimento nell'arabo, sarà anche l'ultima. Mai più, TE LO ASSICURO.

16 novembre 2008

Un bel tacer...

Nessun rumore blasfemo può zittire il silenzio. Il silenzio cammina per il mondo con indosso una corona e un mantello rosso, è eterno; un rumore blasfemo può essere solo importante per accompagnare foneticamente delle parole, magari piccole piccole e senza pretese.

Quando il rumore smette di circolare ecco il silenzio, restano intrappolate dentro di esso le stesse parole diventate pensieri, si muovono vorticosamente: già perché un silenzio senza pensieri non ha significato, è come un re senza il proprio regno.

Lasci scivolare la tua mano sulla sua pelle, è come calpestare l'erba più verde che esista, è come sedersi a guardare l'orizzonte, lassù. IN SILENZIO.

02 novembre 2008

Twentysomething (singing with my Jamie Cullum)

Celebrare il proprio compleanno il giorno successivo sarà un po' fuori luogo, ma ormai ci sono abituato: per colpa delle festività ricevo auguri sia il 31 che il 2, quindi non faccio alcun danno a scrivere quattro righe in merito oggi.

Ventiqualcosa, dove quel qualcosa è una cifra a caso tra sei e otto: mi sento un'equilibrista, con la mia barra danzo sul filo dei miei anni esattamente a metà della seconda tranche, laggiù la fatidica pedana dei trenta. Ventiqualcosa perché per troppi anni l'unità non ha mai fatto molta differenza (ahimé), sia nella seconda decina che nell'attuale; qualcosa però è cambiato, forse perché le mie cellule stanno per entrare nella fase degenerativa, forse perché lo sono già e ora sono arrivate ad un punto di non ritorno.

Impazzito.

Quando ti commuovi davanti ad un semplice sms di una tua cara amica, quando guidando verso casa assordato da Viva la Vida vedi scorrere davanti a te in un decimo di secondo sedici anni controversi, ad un tratto dietro una curva spunta qualcosa, la tua casa.

Venerdì, da ventiqualcosa meno 1, orchi e streghe di Halloween erano lontani mentre vicino a me avevo QUASI tutto; ad un tratto fa giorno, e tra pasticcini e nipoti furbi qualcuno s'impegna a spingere il tasto REWIND sul mio registratore personale, io premo con forza STOP e mando avanti il tutto; mi ritrovo a lume di candela, sdraiato sul pavimento di casa mia, guardando sopra di me la stella più luminosa, nella notte del 2 meno fosca che abbia mai visto.

E ora sono qui, da ventiqualcosa, non m'importa più nulla di ciò che era e non doveva essere, ripongo la mia attenzione solo su ciò che ora è.