26 settembre 2007

Wagaboo

"La verdadera patria del hombre es la infancia"
Rilke

Questa frase, scritta sul muro della stazione metro di Campo de Las Naciones, l'ho letta dal treno in corsa è m'è parsa immediatamente la migliore rappresentazione in parole della mia vacanza.
Eh già, credo fermamente che la mia patria sia realmente la mia infanzia, ed è attraverso gli occhi di un bambino che io ho ammirato, scrutato e intravisto tutte le mie emozioni riflesse sui muri di una città adulta come Madrid. Ecco cosa intendevo dire alla partenza tramite l'oroscopo di Brezsny: svuotarsi completamente era come diventare piccolo una seconda volta; chi meglio di un bambino è in grado di vivere a fondo tutte le esperienze che la vita gli sottopone in modo spensierato? Un bambino ride, si arrabbia, piange e qualche volta ti fissa a fondo per capire cosa passa per la tua testaccia dura.

Per il viaggio ho riempito fino all'ultimo byte il mio player MP3, involontariamente ho messo anche questo album che mi riporta col pensiero proprio alla mia infanzia (quasi adolescenza): il 1991 fu un anno, come del resto quelli adiacenti, un po' strano ma sicuramente ricco di avvenimenti; questo disco è la mia "patria musicale", è composto da canzoni più o meno conosciute ma tutte suonano come un inno nazionale per me.

Potrei perdermi a raccontarvi cosa ho visto, quali locali mi hanno trascinato nel turbinio della movida madrilena, descrivervi le persone che hanno contribuito a rendere questa ennesima scampagnata una delle più piacevoli, forse la più coinvolgente di tutte quelle fatte finora.

Non lo faccio, sapete il perché?

Perché le immagini della città sbiadiscono nella mente, i divertimenti lentamente si dimenticano per far posto a chissà quali necessità quotidiane, le persone si possono anche perdere di vista. I sentimenti invece no, quelli ti restano dentro, forse perché un po' li conosci già.

Mi ricorderò finché vivrò di questa vacanza: non dimenticherò mai quale immenso dolore mi suscitò il Guernica pur non essendo un critico d'arte, mi lascerò andare con più convinzione ogni volta che rivivrò quella sensazione di piacevole disorientamento suscitatami dalle nottate trascorse nelle fumose discoteche di Chueca; per ultimo mi terrò sempre dentro quelle particolari emozioni che seppe tirarmi fuori una persona sconosciuta ma così simile ad alcune anime gentili che mi stanno accanto da diversi anni.

Sappiate che, solamente oggi, Madrid è stata in grado di farmi vivere in serie:

- Preoccupazione e una rabbia latente, causata da una buona ragione per tornare (che strano incazzarsi per una cosa positiva)
- Una felicità, calda come un abbraccio
- Una gran voglia di piangere, per dar sfogo a quell’amarezza e alla felicità strabordante
- Benessere e sicurezza, rappresentate anche in questo post chilometrico

Ora sono qui in areoporto e aspetto il volo che ha accumulato un ritardo consistente a Milano, vorrei tanto che non arrivi mai.
La patria di quel bambino, almeno per oggi, è in questa città che si trova nell'universo (della sua vita).

Madrid, a presto.

Sto ascoltando: U2 - Ultra Violet (light my way)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Spesso i tuoi post mi lasciano senza parole. Sono di una semplicità(nel senso buono del termine) spiazzante.

Anonimo ha detto...

Al "senza a parole" io ci aggiungo spesso la commozione. Quando non commento (non subito, almeno), lo faccio meditatamente: preferisco una muta contemplazione a parole che non sono quelle "giuste".

Anonimo ha detto...

Wagaboo.... e io che pensavo fosse un'espressione inventata o casuale, e non legata invece a dolci (e alcoolici) ricordi made in Spain...

Bravo ragazzuolo....

Baci baci baci

Blasphemo ha detto...

Grazie a tutti ragassuoli.